Nel mese di Luglio abbiamo scelto di voler raccontare la nostra esperienza di accoglienza attivata da qualche mese per le persone ucraine, fuggite dal conflitto che ha colpito il loro paese. Lo facciamo attraverso le parole di Andrea Rigobello, responsabile dell’Area Inclusione della nostra cooperativa, e di due donne accolte nelle nostre strutture.
… ma la guerra continua
24 febbraio 2022: l’esercito Russo invade il territorio Ucraino e scoppia un conflitto armato in Europa.
Da settimane era nell’aria un possibile conflitto, che poi si è concretizzato e da allora ad oggi sta generando morte e distruzione. Da più parti si sono immediatamente levati appelli alla pace, sit-in, manifestazioni.
Ma la guerra continua e ha superato i 150 giorni.
Come ogni conflitto, anche questo ha generato un esodo di persone inermi e incolpevoli, costrette a lasciare le proprie case e il proprio territorio per evitare di morire sotto le bombe.
Attraverso i corridoi umanitari di diversi enti e associazioni molte persone sono riuscite ad uscire dai confini del Paese ed a rifugiarsi in altre Nazioni europee in attesa che la situazione possa ritenersi sufficientemente tranquilla per fare ritorno.
Da quel giorno queste persone vivono delle vite “sospese”: in attesa di qualche avvenimento, di un cessate il fuoco, di notizie dalla propria patria e dai propri cari rimasti li. Persone “trapiantate” improvvisamente in altri luoghi che faticano a chiamare “casa”, ma dei quali sono infinitamente riconoscenti.
L’accoglienza e le storie raccolte
Gruppo R ha deciso di rispondere a quest’emergenza, mettendosi in gioco nell’accoglienza di persone profughe in fuga da questo conflitto. Si tratta di donne, madri, figli e figlie. Persone anziane. Persone malate. Mancano gli uomini tra i 18 e i 60 anni, che sono rimasti forzatamente li, separati dalle loro famiglie, perché la legge marziale li obbliga a combattere.
Abbiamo chiesto a Yuliia e Iryna se avevano voglia di condividere con noi qualche pensiero di questi mesi.
La prima è arrivata qui con i suoi due figli, di cui la maggiore incinta, che ha partorito la sua bimba un mese fa. La seconda ha visto da poco l’arrivo qui del papà, gravemente malato, con un ricongiungimento familiare reso possibile dalla tenacia della mamma, che è andata a prendere il marito fino a Kharkhiv.
Ecco cosa ci hanno detto:
Il racconto di Iryna
“L’alba del 24/02/22 rimarrà nella mia memoria per il resto della mia vita. Ero una di quelle persone che, fino a poco tempo fa, non credevano che la guerra fosse possibile nel 21° secolo. Ma alle 5.30 del mattino ci fu una telefonata da parte dei parenti che il nostro Paese era stato attaccato. […] Non ho mai provato una tale sensazione di paura, la paura della guerra è diversa. […] Ogni sera guardo i notiziari e vengo sopraffatta da una sensazione di dolore. Ogni giorno la mia città viene distrutta e ogni giorno in essa muoiono persone”.
“Molte persone ci hanno aiutato. Ci hanno aiutato con le cose, le persone hanno condiviso il cibo. Tutti hanno cercato di mantenere la calma. La Polonia ha accettato il popolo ucraino come proprio. Qui in Italia siamo stati accolti molto calorosamente. […] In tutti questi quasi 4 mesi che siamo stati in Italia, non c’è stato un solo giorno che la mia città non sia stata bombardata e bisogna essere realisti, non so quanto durerà la guerra, ma se tutto va avanti così, semplicemente non avremo nessun posto dove tornare.
Al momento, in città sono stati distrutti un numero enorme di asili nido, scuole, ospedali, università, industrie, edifici residenziali e migliaia di vite sono già state sottratte alle persone. Al momento, non posso garantire la sicurezza di mio figlio nel mio paese. E la vita va avanti. Se mio marito venisse in Italia con il nostro cane, starei qui. Ci sono persone molto gentili e aperte qui. […] Quando è arrivato il mio papà qui ho pianto di felicita! Grazie per aver fatto così tanto per noi!”
Il racconto di Yuliia
“Non credevamo che la guerra fosse possibile, abbiamo riso e non credevamo che fosse una cosa seria […] Non solo la mia famiglia non ci credeva, gli abitanti di Kharkiv, Mariupol e molte altre città distrutte non ci credevano. Molte persone ancora oggi pensano che le azioni militari non li raggiungeranno […] Mi sono
resa conto che era pur sempre una guerra, pensavamo che non sarebbe durata a lungo, che l’intera guerra sarebbe finita in 2 settimane e con una distruzione minima, ma non è così […] Ora penso a questa guerra, come prima, che qualsiasi guerra è distruzione e morte insensata di molte persone da entrambe le parti.
Allo stesso tempo, non considero il russo medio un mio nemico o il nemico del mio popolo: la maggior parte delle persone in Russia non ha nulla a che fare con questa guerra, ma allo stesso tempo perde i propri cari. […]
Io non volevo andarmene da nessuna parte. Ho una famiglia, un marito con cui abbiamo un rapporto meraviglioso. C’era un lavoro, una casa e l’opportunità di fare le cose che mi piacciono […] Mio marito ha insistito perché partissi con i bambini quando sono sorti problemi con la consegna di medicinali e cibo in città, molti medici se ne sono andati, l’allarme del raid aereo suonava ogni giorno ed era chiaro che non sarebbe finita facilmente e rapidamente. […] Le persone in viaggio ci hanno aiutato ad ogni passo. […] Quando ci è stato offerto di stabilirci a Polverara, all’inizio ho pensato che sarebbe stato difficile trovare lavoro in un paese così piccolo e non si sapeva affatto cosa sarebbe successo con la gravidanza di Margherita… Ma sono contenta che noi siamo qui ora… E sono grata alle persone che ci aiutano sempre, mentre siamo qui – sia ai dipendenti della cooperativa che ai residenti di Polverara. […] Comunque vorrei tornare in Ucraina da mio marito. E vorrei che tutto finisca bene, che tutti i miei parenti siano vivi quando la guerra finirà. E vorrei avere un posto dove tornare. Più precisamente, non dove, ma qualcuno da cui tornare. […]
Questa piccola ragazza (mia nipote) è uno dei motivi seri per cui abbiamo lasciato il nostro paese. […] Oggi sono contenta che Vasilisa sia nata, mangi bene e cresca, sia circondata da cure, sia al sicuro e non sappia di essere nata durante la guerra. Sarò ancora più felice se crescerà sana e intelligente, parli bene anche l’italiano e ucraino, e sappia godersi la vita, apprezzarne ogni momento. Inoltre, spero che diventi una persona che ammirerà questo mondo, non per niente così tante persone l’hanno aiutata a
nascere in sicurezza. Vi saluto, e con grande gratitudine alle persone che ogni giorno ci aiutano.”
Grazie a queste persone che pur soffrendo hanno deciso di condividere la loro esperienze che ci fa pensare quanto fortunati siamo, quante cattiveria e voglia di potere ha l’essere umano ma anche quante persone hanno un cuore immenso e aiutano per avere in cambio un sorriso. Grazie