Vittoria è una volontaria del nostro Centro Diurno La Bussola. L’abbiamo conosciuta ad Aprile 2020, in piena emergenza sanitaria. Per il nostro servizio è stata una piccola luce in un periodo molto intenso e faticoso per tutti noi. Ci racconta in questo post la sua esperienza di volontariato.
Ho conosciuto il Centro Diurno La Bussola attraverso il Centro Servizio per il Volontariato di Padova (CSV). All’inizio del 2020 ci siamo organizzati per sostenere le realtà del territorio, mentre l’Italia intera chiudeva e scoprivamo una nuova alterata quotidianità. Con il CSV abbiamo coordinato progetti e volontari cittadini, tantissimi. Poi un giorno Mario, coordinatore del CSV e il mio “capitano” del 2020, mi ha chiesto di fare un turno al Centro Diurno La Bussola, un centro diurno nel quartiere Arcella. Non sapevo nient’altro, colpevolmente, della struttura e di Gruppo Polis. Sono andata raccomandando a me stessa di non essere né troppo timorosa e preventivamente timida, né affrettata e “casinara”.
La Bussola e l’emergenza sociosanitaria
Con Mariasole, operatrice del Centro, avevamo concordato due o tre giorni di attività in quella settimana; sono rimasta quasi due mesi, tutti i giorni, dalle 10 alle 16. Più o meno dalle 10, contando i miei ritardi. Con Dativa, un’altra volontaria del Centro Diurno, preparavamo i pacchi per la cena da asporto, poi disinfettavo tutto il disinfettabile, apparecchiavo per il pranzo e davo una mano in sala da pranzo.
All’inizio mi sembrava di non riuscire a prendere il ritmo, non ero abituata ai Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Il primo giorno, dopo aver millantato rispetto per regole e distanziamento, mi sono avvicinata ad un ospite per dargli in mano uno stuzzicadenti, scatenando l’ilarità generale. Superate le prime insicurezze, ho cominciato a sentire La Bussola come un posto “mio”, fino al punto di non riuscire a immaginarmi un’altra routine. Quando arrivavo condividevo il caffè con gli operatori e i volontari, poi io e Dativa entravamo nella stanza dedicata alla preparazione dei pacchi. Stanza che, gradualmente, ho riorganizzato secondo criteri che mi sembravano efficienti al nostro compito. Sentire la responsabilità per lo spazio era un modo per recuperare quel “sentirmi a mio agio” che stavo perdendo con il martellante sentimento di emergenza e pericolo. Pian piano con Dativa abbiamo fatto amicizia e cominciato a condividere una playlist sempre in evoluzione: i panini li facevamo al ritmo di James Brown, musica gospel e (solo perché ci vogliamo davvero bene) Eros Ramazzotti.
Al secondo turno del pranzo, quando gli ospiti della Bussola dovevano entrare scaglionati, mi sembrava di stare in mezzo ai piedi. Mi nascondevo vicino alla libreria del corridoio, curiosando tra i titoli e leggendo qualche pagina al giorno, come una specie di Matilde di Roald Dahl troppo cresciuta.
La Bussola diventa casa
In un certo senso la Bussola era un luogo talmente accogliente, riconosciuto, assorbito dagli ospiti regolari, che mi sentivo un elefante in cristalleria. Ma è durata pochissimo: già dopo le prime settimane alcuni tra gli ospiti hanno cominciato a chiedermi, curiosare, raccontarsi. Volevano sapere di me e io ero curiosissima di sapere di loro, pur con l’attenzione e il rispetto per storie diverse e non sempre facili. Da segreta romantica, ho gioito quando qualcuno mi ha parlato persino di qualche storia d’amore. Sono una frana nei lavori creativi manuali, per cui invece di partecipare al laboratorio di terracotta facevo i caffè, combattendo tra le risate con chi voleva farli al posto mio. E così ho fatto amicizia con tanti: imparando quanto zucchero S. prende nel caffè, che C. lo prende amaro ma con il latte, chi lo vuole lungo e chi ristretto, chi lo vuole subito dopo mangiato e chi prima di pranzo preferirebbe un cappuccino. Alla Bussola gli ospiti sono responsabili e tengono traccia di quanto caffè o dolce portano via ogni giorno, per non esagerare. Per me caffeina è diventato (come sempre del resto nella vita) sinonimo di una coccola, due confidenze, reciproco riconoscersi e accettarsi.
E poi la musica: ormai lo sanno tutti al Centro che il mio cavallo di battaglia è “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti. Ma sono anche democratica e chiedo a ciascuno di scegliere una canzone, per cui ascoltiamo cose diversissime e ci raccontiamo i concerti, che ci mancano tanto.
La Bussola è diventata casa, una casa da condividere con tutti. Per questo d’estate con l’associazione di cui faccio parte, Libera contro le mafie, abbiamo portato i partecipanti dei nostri campi a conoscere il Centro e a dare una mano con qualche lavoro di decorazione. Il tempo corre veloce e ormai è quasi un anno che sono volontaria qui, ed è una delle cose per cui più sono grata.
Vittoria, volontaria del Centro Diurno La Bussola.
Cara Vittoria, è vero, la Bussola diventa casa. Anche per me, volontaria di vecchia data, è casa, un appuntamento settimanale che non posso e voglio mancare. Mi sento bene, accolta ed accogliente ed in compagnia.