La storia di Michela

La storia di Michela

Michela è arrivata alla Bussola nelll’aprile del 2013.
Dorme abitualmente in stazione, e la sua strada incontra quella del centro diurno La Bussola, quando una sera accompagnata da un altro ospite chiede se può fare una doccia.
Ha 38 anni.
Gli operatori non le fanno domande, le dicono solo che se vuole può venire tutti i giorni per la doccia e per pranzo e cena ma lei si preoccupa per il costo dei pasti anche se viene rassicurata sul fatto che non serva pagare.

Michela non ama parlare molto, non vuole raccontarsi e continua a chiedere stupita se esiste davvero la possibilità di fare la doccia tutti i giorni.
All’ennesima risposta affermativa i suoi occhi si illuminano.
Una semplice doccia per lei è un grande regalo.

Con il passare dei giorni Michela inizia a raccontarsi: è in strada e dorme in stazione da inizio 2013.
Michela lavorava in un catering, ha avuto un appartamento fino al 2010 e poi il solito iter: perde il lavoro e poi l’appartamento.
I rapporti con la famiglia non sono interrotti, ma sono freddi, o come dice lei “educati”.
L’ultima volta che ha chiesto loro ospitalità è stata accolta per pochi giorni poi invitata a trovarsi un lavoro e provvedere da sola a se stessa.
Michela è anche stata sposata, ma l’amore è finito ed è lei stessa a chiedere la separazione.
Lo sfratto e la separazione avvenuti quasi in concomitanza portano Michela ad avere una crisi, si sente fragile, e oppressa da questi eventi che la travolgono ed si ritrova sola, completamente sola senza nessuno su cui contare.

Abbandona tutto e si ritrova in strada a chiedere ospitalità, prima a degli amici ma poi anche a dei conoscenti che incontra per strada sul suo cammino.
L’ospitalità le viene data ma sempre solo per brevi periodi e con delle richieste in cambio.
Ogni convivenza andava male e, casa dopo casa, Michela si è ritrovata a dormire in stazione.
Qui ha incontrato persone come lei, sole e bisognose, che la accettano senza domande e la accolgono nel loro gruppo.
Così si sente meno sola, sente di far parte di qualcosa e vive con i suoi nuovi amici.
Si convince che restare in questa dimensione per un po’ di tempo è la cosa migliore al momento per riposare la mente e non pensare a niente.

È cosi che la conoscono gli operatori della Bussola, chiusa nella sua bolla protettiva e nascosta fra i senza dimora della stazione.
Faticano molto a creare con lei un rapporto di fiducia, rispettano il suo tempo e soprattutto non le chiedono niente in cambio per la frequenza al centro diurno.

A poco a poco lei inizia a richiedere l’aiuto degli operatori in alcune situazioni.
È il momento giusto per intervenire: gli operatori contattano i Servizi Sociali di Padova che le offrono una accoglienza in una struttura protetta.
Michela in un primo momento la rifiuta: ha paura che le possa venir chiesto qualcosa in cambio, e al momento non è in grado di dare niente.
Non ha la forza per lavorare e ha paura di diventare depressa se le viene dato un posto in cui finalmente potrà fermarsi.
Gli operatori, in accordo con l’assistente sociale, accettano le sue resistenze, rispettando le sue paure e decisioni.

Il tempo però passa e finalmente Michela acquisisce più fiducia negli operatori e nella sua assistente sociale.
Capisce che per lei è un bene accettare l’alloggio che le è stato offerto.

Gli operatori allora sfruttano il momento buono e iniziano a coinvolgerla nell’attività di lavaggio delle stoviglie alla Bussola: il primo giorno Michela è provata, afferma di aver molto mal di schiena e di essersi sentita molto stanca perché erano due anni che non svolgeva nessun lavoro ma soprattutto che non si concentrava su una attività da svolgere.

Per alcuni mesi Michela continua con questa attività, e viene aiutata a scrivere il suo curriculum.
Si iscrive come disoccupata al CPI, ma dice di non sentirsi ancora pronta per un lavoro vero e proprio.
Gli operatori allora le propongono un progetto di inserimento lavorativo per tre mesi, in un ambiente protetto dove possa sentirsi a suo agio, Michela accetta anche se ha un po’ di paura.

Il lavoro va bene, Michela si sente rinata, forte e non le fanno più paura le ore di lavoro che svolge e nemmeno le responsabilità che il lavoro richiede.
Tutto questo la spinge a volere un lavoro vero perché finalmente si dice pronta a rientrare nella “normalità” dalla quale per un po’ si era allontanata.
Michela è ancora alla Bussola non ha trovato un lavoro che le consente di potersi sostenere autonomamente ma è propositiva, fiduciosa e pronta per un nuovo capitolo della sua vita.

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