L’area “Accoglienze” di Gruppo R è una vasta galassia di servizi e progetti incentrati sul tema dell’abitare. Le persone che vengono accolte e accompagnate hanno provenienze diverse: si va da persone che provengono da vita di strada e dall’asilo notturno a persone che stanno vivendo un percorso migratorio scelto oppure forzato, maggiorenni ma anche minorenni, da persone vittime di tratta o di sfruttamento lavorativo a donne vittime di violenza, da persone che hanno subito uno sfratto a persone con disabilità per cui l’abitare in autonomia è una grandissima sfida. L’obiettivo generale di quest’area è quella di offrire supporto affinché le persone riescano a trovare strumenti per affrontare le situazioni di difficoltà che vivono e (ri)acquistare, nelle misure possibili, un’autonomia abitativa e un miglior benessere generale di vita.
Tra tutti questi servizi, dall’anno scorso, c’è anche Casa Monte Grappa, una struttura di accoglienza che il Comune di Padova, per il momento, ha affidato alla Rete Temporanea di Impresa costituita da Gruppo R, Cosep e Il Sestante. Oggi vi raccontiamo un po’ di questo servizio.
Per farlo, ci siamo immaginate “un’intervista a noi stesse” perché crediamo che, a volte, fermarci e farci delle domande sia un ottimo modo per vedere le cose in profondità e, poi, riuscire a raccontarle allə altrə.
Buona lettura!
Angela e Maria, operatrici di Gruppo R in Casa Monte Grappa
Che cos’è Casa Monte Grappa?
Angela: Casa Monte Grappa è una struttura di accoglienza per nuclei e singole persone che in questa fase della loro vita non hanno una casa e per i quali si ritiene utile offrire una soluzione di accoglienza temporanea e un percorso di accompagnamento. La struttura è una ex-scuola ristrutturata sita nel quartiere di Montà. È composta di 9 mini-appartamenti. In una parte della struttura è presente anche una grande sala utilizzata principalmente dal Centro di Animazione Territoriale (CAT) “Mille Colori” con attività pomeridiane per bambinə e ragazzə e (progetto in fase di sviluppo) da associazioni e realtà del territorio per iniziative aperte alla cittadinanza.
Da quanto esiste questo servizio?
Angela: Nel luglio 2023 c’è stato l’inserimento delle prime due famiglie. La maggior parte dei beneficiari è poi arrivata nel mese di dicembre 2023. All’inizio di gennaio 2024 la struttura era al completo.
Chi sono le persone attualmente inserite all’interno della struttura?
Maria: Oggi la Casa accoglie 20 persone: 2 nuclei familiari composti dai genitori e un minore con specifiche fragilità, 5 nuclei singoli, 2 coppie formate da marito e moglie e 2 nuclei famigliari composti entrambi da due sorelle. Le persone hanno diverse nazionalità: italiana, nigeriana, marocchina, moldava e albanese. Alcune lavorano, altre sono alla ricerca di un impiego mentre altre ancora per età o problematiche sanitarie non hanno obiettivi lavorativi. Alcune provengono da un’esperienza di strada o da un periodo ospiti in asilo notturno, altre hanno subito uno sfratto. Come ci si può immaginare, le progettualità che stiamo portando avanti sono molto diverse e spaziano dalla ricerca lavoro alla stabilizzazione economica, dall’accompagnamento sanitario allo sviluppo delle competenze necessarie alla gestione di una casa.
Quanto durano i progetti di accoglienza?
Angela: Le persone sono inserite per un periodo di 6 mesi rinnovabile. L’idea è quella di offrire alle persone un luogo dove sostare ma non fermarsi; un luogo dove possono trovare risorse che permettano loro di andare oltre e costruire il proprio futuro.
Ci sono già state delle uscite dal progetto?
Maria: Alcune persone iniziano ad essere in una fase di sgancio: un signore moldavo ha trovato lavoro come assistente alla persona con un contratto a tempo indeterminato. Se verrà confermato il lavoro, chiuderemo il suo progetto. E’ un bell’esempio di integrazione e sgancio. Facciamo tutti e tutte il tifo per lui!
Qual’è la complessità maggiore che ti trovi ad affrontare lavorando in questo servizio?
Maria: Per me la sfida più grande è quella di riuscire a muovermi in maniera versatile e trasversale rispetto alle diverse esigenze che le persone esprimono; e anche quella di mettere in gioco nuove modalità di relazione d’aiuto che ancora non avevo modo di sperimentare.
Angela: Una complessità specifica di questo progetto, per quanto mi riguarda, è che siamo un equipe composta da persone di 3 cooperative diverse . Questo, infatti, richiede di mettere insieme modalità e stili di lavoro diversi e di operare con una complessità organizzativa maggiore. Ma come ogni complessità è anche un’opportunità perché permette di integrare, contaminare, allargare gli orizzonti, vedere le cose da prospettive diverse.
Domanda un po’ scontata dopo la precedente ma facciamola lo stesso! La soddisfazione più grande che hai vissuto fino ad oggi?
Angela: Le relazione con le persone e ai loro percorsi. Penso a S. e a tutti i miglioramenti che in questi mesi è riuscita a ottenere, dall’esprimersi meglio in italiano al saper fare rete e chiedere aiuto. Oppure penso a N., una signora che sta affrontando le conseguenze di una grave malattia, di un lutto famigliare e della perdita della casa; sento che grazie alla relazione che come equipe abbiamo costruito con lei Casa Monte Grappa è davvero un luogo grazie al quale non è da sola e ora, lentamente, può provare a rimettere insieme i pezzi e a immaginare ancora futuro.
Maria: Penso che nel nostro lavoro si vivano piccole soddisfazioni quotidiane frutto delle relazioni che si costruiscono e di come piano piano le persone abbiano iniziato a fidarsi di noi. Tra queste, la partecipazione di M. e D. al Gruppo Sorriso per anziani della parrocchia, in cui la voglia di mettersi in relazione ha superato la barriera culturale e linguistica.
Lanciando un po’ il cuore oltre gli ostacoli, cosa sogni per questo servizio?
Maria: Mi piacerebbe che si riuscisse a creare un lavoro di rete con il quartiere e con altri servizi del territorio. Mi piacerebbe realizzare progetti di integrazione rispetto alla cittadinanza di quartiere in cui anche i nostri utenti possano dare il proprio contributo alla collettività e in questo modo rompere le barriere che, a volte, dividono il mondo della “marginalità” da quello della “comunità”.
Angela: Mi piacerebbe riuscissimo, con concretezza, a lavorare nell’ottica di una Casa con la “C” maiuscola: abitare una casa non è solo avere quattro mura sopra la testa e saperle mantenere ma è anche esprimere le proprie scelte, curare il bello, ospitare relazioni, sentirsi sicuri e, al tempo stesso, aperti a ciò che c’è intorno. Il tema dell’abitare è un tema multidimensionale che riguarda aspetti tecnici, economici, relazionali e sociali. Se vissuta così, la Casa è uno dei modi che si hanno per esprimere e realizzare sé stessi. Vorrei che nel vivere temporaneamente in questa struttura le persone potessero fare esperienza di tutto questo e, soprattutto, trovare le risorse perché se e quando avranno una casa loro possano farla diventare la loro Casa con la C maiuscola, un luogo a sostegno e espressione della loro più piena realizzazione.