In una giornata così importante come quella di oggi, Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, vogliamo raccontare la storia di M., già pubblicata nel libro “Luci” di Gruppo Polis, a cura di F. Boccaletto.
Vogliamo dare spazio alla storia di una donna che ha saputo dire NO alle violenze che subiva da anni e che ha voluto riappropriasi dei suoi sogni e della sua vita, dopo tanta paura e sofferenza. A vederla sembra una donna fragile ma in realtà è una donna forte e coraggiosa, che ha deciso di ribellarsi alle violenze di un marito che non la meritava ma che ancora oggi porta i segni di un passato di maltrattamenti. Una donna che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e accogliere nei nostri servizi, che ha arricchito di storia e speranza la nostra “Casa Viola” e che ha deciso di raccontarsi.
“Del passato porto ancora i segni. Soprattutto dal punto di vista psicologico. Non potrò mai dimenticare: il dolore probabilmente mi resterà incollato addosso per sempre, ma quel che conta è che ne sono uscita e ora sono qui a parlarne. Oggi posso dire di essere rinata, vivo serenamente con mio figlio e un nuovo compagno che mi ama e mi rispetta. Spero che il futuro continuerà a regalarmi la serenità di cui ho bisogno, non chiedo di più. Ho un buon lavoro e un nuovo appartamento, punti fermi che mi permettono di vivere in pace, senza troppe preoccupazioni. E tutto questo grazie alle persone che mi hanno aiutata a reagire, liberarmi e ricominciare.
Da tempo oramai, a causa di tutte le violenze fisiche e psicologiche che da anni subivo, spesso davanti a mio figlio, ero caduta in una forte depressione. Sapevo di non potercela fare da sola, ma non conoscevo nessuno. Mio marito mi aveva costretta a vivere in una prigione e non potevo uscire, nè stringere amicizie. Dovevo restare a casa ad aspettarlo. Un giorno, guardando una trasmissione in televisione che trattava il tema della depressione e degli attacchi di panico mi dissi: <<Ma questa sono io, stanno parlando di me. Non posso restare in questa situazione, devo assolutamente chiedere aiuto>>. Fu il primo passo, un piccolo ma significativo passo. Mi recai all’Ulss vicino a casa e chiesi di incontrare uno psicologo che confermò la depressione e mi prescrisse delle pillole. Iniziai a curarmi nonostante mio marito fosse contrario. Le cose non miglioravano, continuavamo a litigare e io a subire le sue prepotenze. Così un giorno decisi di prendere più pillole del solito, non certo per farla finita ma con la speranza di stare male abbastanza per poter arrivare in pronto soccorso, parlare con qualcuno, chiedere aiuto e protezione e non tornare a casa mai più. Così feci una sera che a casa c’erano ospiti: presi parecchie pillole, non tutte insieme ma a intervalli regolari. Iniziai a sentirmi male un poco alla volta. Ero agitata, il cuore mi batteva forte, piangevo. La situazione si faceva sempre più critica e mio marito fu costretto a chiamare l’ambulanza. Giunta all’ospedale, la sera stessa incontrai uno psichiatra e scoppia in lacrime raccontandole tutto: <<Andate a prendere mio figlio, dissi, vi prego>>.
Mio figlio venne inizialmente affidato a una comunità per minori. E’ un ragazzo in gamba e mi vuole profondamente bene, sapeva che avevo bisogno di curarmi, di ricostruire la mia vita. Sapeva anche che non l’avrei mai abbandonato e che sarei andata a riprenderlo appena possibile. Così accettò subito, senza alcuna resistenza. Sono una mamma molto fortunata!
Sono stata in ospedale, in psichiatria, in una casa d’accoglienza gestita da alcune suore. Infine sono arrivata in Casa Viola e la mia vita è radicalmente cambiata. Lì ho conosciuto quella che è la mia amica più cara: si chiama Nadia ed è mamma di due bambine stupende. Siamo come sorelle. Mi è stata accanto, ricordo che una volta mi fece una sorpresa e mi portò al mare perchè non voleva più vedermi piangere. Oggi abbiamo entrambe lasciato Casa Viola, io nell’aprile 2015, ma ci incontriamo spesso e ci aiutiamo ancora sostenendoci a vicenda. In questo percorso ho prestato per un pò servizio alla mensa della Bussola, il centro diurno per senza fissa dimora gestito da Gruppo R, ma poi ho trovato lavoro. Ora lavoro alla centrale di sterilizzazione di strumentario chirurgico. E’ un lavoro che mi piace, sono lì da un anno.
Voglio dire a tutte le donne che stanno vivendo oggi quello che ho vissuto io di non aver paura, di reagire e denunciare. Bisogna avere coraggio perchè non siamo sole, ci sono molte persone disposte ad aiutare. Oggi posso dire di avercela fatta e sono fiera di me: ho chiesto aiuto e sono riuscita a rialzarmi.”