Da qualche anno tra le azioni di prevenzione e sensibilizzazione in tema di contrasto alla violenza di genere abbiamo messo un focus sugli interventi nelle scuole. Parlare ai giovani e alle giovani è obiettivo fondamentale per creare una cultura del rispetto e di contrasto alla violenza. La nostra equipe di contrasto alla violenza di genere negli scorsi mesi è stata impegnata con studenti e studentesse in alcune scuole medie e superiori del padovano e di Chioggia, territori in cui operiamo anche con i nostri servizi.
Giulia, operatrice del Centro Antiviolenza Civico Donna di Chioggia, ci racconta la sua esperienza nelle classi che ha incontrato in questi mesi.
“Entrare nelle aule di scuola come formatrice è un’esperienza che mi ha emozionata profondamente. Sin dalla primissima volta, ho avvertito un senso di responsabilità e allo stesso tempo di gratitudine nell’incontrare i giovani e le giovani di oggi.
Responsabilità perché, come psicologa e operatrice di un centro antiviolenza, sentivo quell’esigenza mista a desiderio di agire per sfidare la cultura della violenza di cui vedo le conseguenze ogni giorno. E quell’azione, anche se piccolissima in confronto al quadro così ampio e complesso della violenza di genere, la consideravo un modo per fare la propria parte, la mia. Ma cosa c’entra questo con gli interventi nelle
scuole?
La risposta è legata alla nostra mission di contrasto alla violenza di genere. Gli stereotipi di genere, così radicati nella nostra società, contribuiscono a creare disuguaglianze di diritti tra le persone, alimentando una cultura che giustifica lo squilibrio di potere tra i generi e normalizza la violenza. Attraverso i nostri
laboratori nelle scuole, ci impegniamo per condividere queste conoscenze e guardare con senso critico ciò che ci circonda. Cerchiamo di evidenziare i meccanismi che sostengono la violenza di genere, incoraggiandoli a diventare promotori e promotrici di una cultura del rispetto, e non del potere.
Una delle sfaccettature che più mi hanno colpito in questi percorsi, però, è stata osservare la loro sorpresa nel percepire che una persona adulta si interessasse a ciò che avevano da dire, si prendesse il tempo di ascoltarli, addirittura curiosa di ascoltare le loro opinioni e le loro esperienze. In un mondo che sembra ignorare le voci dei giovani, o meglio disprezzarle come vedo ormai quotidianamente, mi ha
commossa la loro genuina sorpresa nel venire ascoltate e considerate come interlocutrici alla pari, anche se con meno esperienza ma non per questo con meno diritti. E qui sta la mia gratitudine, nell’aver imparato con loro molto più che in altre esperienze cosa significa rispetto. Perché la loro sorpresa mi ha portata a
interrogarmi: che tipo di responsabilità abbiamo con loro? Il modo in cui educhiamo, insegniamo e formiamo non è qualcosa di neutrale, ma cambia a seconda di come ci poniamo in relazione con l’altro. E come ci vogliamo entrare in relazione con i giovani di oggi, noi che siamo docenti, genitori, familiari, professioniste, cittadini…? Io propongo di ricordandoci che educare non vuol dire fare in modo che
necessariamente chi educhiamo arrivi a dire le stesse cose che abbiamo in mente noi, ma offrire loro gli strumenti per conoscere il valore delle cose, affinché possano poi esprimersi e agire in modo critico e consapevole.
Perché educare al rispetto passa attraverso la pratica del rispetto, ma se il rispetto non è reciproco non stiamo più parlando della stessa cosa.”
Giulia Piovan, Psicologa dell’equipe Contrasto alla Violenza di Genere