Il 14 Gennaio è stata la giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Una giornata unita a valori quali “Accogliere, Proteggere, Promuovere, Integrare”, le quattro azioni suggerite da Papa Francesco. Una giornata che vuole sviluppare una riflessione in merito a questo tema, ancora molto caldo e spesso strumentalizzato, per promuovere un ingresso sicuro e legale ai migranti e rifugiati, un riconoscimento e una valorizzazione delle loro capacità e competenze, che rappresentano una vera risorsa per le nostre comunità di accoglienza; promuovere la possibilità di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni, compresa la religione, e l’apertura nei loro confronti, l’incontro, instaurando una conoscenza reciproca.
In occasione di questa giornata appena passata e con la speranza che siano valori e riflessioni che possano accompagnarci nel tempo e non solo “per un giorno” vogliamo pubblicare la storia di Y, un ragazzo del Gambia, accolto nel nostro CAS, e attraverso le sue parole e la sua storia fare esperienza di queste quattro “azioni”. Y. è arrivato in Gruppo R nel settembre 2014 come richiedente asilo e da quel giorno è stato accolto presso il Centro di Accoglienza Straordinaria di Legnaro.
“Sono arrivato in Italia nel 2014, sbarcando sulle coste siciliane. Sono originario dal Gambia, ma non ti racconterò la mia storia prima dell’arrivo in Italia, questo ancora non riesco a farlo. Posso raccontarti che sono arrivato in Sicilia nel 2014 e che da lì mi hanno messo su un aereo e che con altri ragazzi siamo volati sino a Verona. Da lì ci siamo spostati subito, questa volta in autobus, per arrivare a Sandrigo, in provincia di Vicenza. Siamo rimasti lì per quasi tre mesi, ma non abbiamo fatto molto, abbiamo solo svolto del volontariato per la pulizia del paese e cose così; non mi piaceva tanto il posto, eravamo così isolati da tutto. Dopo questi tre mesi ci hanno spostato di nuovo: ci hanno diviso, alcuni a Vicenza e altri, come me, a Padova.
Arrivo finalmente in questa città, ma non sono ancora presso la cooperativa Gruppo R, sono presso un’altra cooperativa, che però non è molto efficiente (insomma, l’organizzazione non era il massimo).
Poi entro in Gruppo R e le cose iniziano ad andare per il verso giusto: inizio ad andare a scuola, finalmente, e finalmente ho i documenti, che sono importantissimi. Ho anche un posto dove stare, l’appartamento a Legnaro, dove faccio conoscenza con altri ragazzi nelle mie stesse condizioni, ma con nazionalità diverse; mi piace, sono tutte persone tranquille e non si litiga quasi
mai. Grazie alla scuola sono riuscito a prendere i livello A1 di italiano e poi l’A2 e alla fine ho studiato e ho fatto l’esame di terza media, in Italiano. Non è stato facile, soprattutto per la matematica, sai? Anche in Gambia ho sempre fatto fatica con la matematica, non mi è mai piaciuta!
Ma l’importante è che adesso riesco a parlare bene l’italiano, grazie alla scuola. Le difficoltà sono tante, per me e per tutti quelli nella mia stessa posizione: non c’è solo la lingua, ma anche quella di non avere documenti e, soprattutto, di non avere un lavoro. Sono riuscito a fare qualcosa qua e là, ogni tanto, ma non è facile trovare un impiego. Adesso sto facendo un corso per
saldatori e mi piacerebbe riuscire a lavorare come saldatore qui in Italia: anche in Gambia facevo questo lavoro, ma fare il saldatore qui e farlo in Africa, è tutto diverso! Nonostante ciò sono positivo: per me questo è un momento importante, adesso che ho vinto la causa e ho ottenuto il mio permesso di soggiorno per cinque anni, le cose saranno diverse per me da ora. Sono felice che la
mia vita cambi, di non essere più dipendente dalla cooperativa, perché penso che un vero uomo debba farcela da solo, non essere sempre aiutato dagli altri. Essere sempre aiutato non mi piace, non voglio che la mia vita sia così e proprio per questo vorrei trovare un lavoro a Padova, in Italia, perchè mi piace qui, è un bel posto. Sai, si dice tanto che l’Italia è razzista, ma io non penso che lo sia, non più della Spagna o dell’America. Guarda in America quante persone di colore ci sono, eppure ci sono razzisti anche là! Gli unici che mi guardano male qui sono gli anziani, che non vogliono sedersi vicino a me in autobus o che mi dicono che dovrei tornare a casa mia, nel mio paese. Fanno così perché la mia pelle è nera, perché hanno paura. Ma i giovani non sono così, non mi trattano male, non pensano sempre che appena parlo con loro io voglia chiedere dei soldi: quando domando informazioni, mi aiutano sempre. Io capisco che non sia semplice, ma noi non siamo tutti uguali, ognuno di noi ha la sua mentalità e la sua esperienza. Per nessuno è facile, ma dobbiamo provare.
Sai, il problema più grande dell’Africa è la scuola: tante persone non vanno a scuola là, qui invece tutti vanno a scuola, questa è la differenza. Per questo tanti di noi quando vengono qui non sanno come comportarsi: come fai a saperlo se non sei mai andato a scuola? Se non sai come ci si comporta? Allora è anche per questo che c’è il razzismo, questo è il problema.
Per esempio io sono musulmano, ma non vado in moschea, mi vergogno. Guarda cosa stanno facendo i terroristi nel mondo, stanno uccidendo un sacco di persone ma Allah non ha mai detto questo. Ciò mi fa pensare tanto, mi fa vergognare! Questi terroristi non sono veri musulmani, usano il nome dell’islam per fare del male, capisci? A me questo non piace, non è giusto, ma spero che le cose migliorino.
Se voglio aggiungere ancora qualcos’altro? No, non mi pare. Mi hanno salvato la vita, quindi non ho nient’altro da dire, solo da ringraziare.”