Oggi vogliamo raccontare la storia di B, una ragazza nigeriana che ha deciso di ripensare al suo viaggio e al suo paese, di raccontarci il suo presente e di condividere con noi il progetto del suo futuro. Un paese difficile e contraddittorio, un presente con ostacoli e sfide, un futuro di speranze e desideri. Una storia che ancora una volta ci fa riflettere sul tema dell’accoglienza e sull’importanza di aprirsi al “diverso”, che ci permettere di conoscere “l’altro”, colui che viene da lontano ma che con il passare del tempo ci è sempre più vicino.
“Sono B. e sono arrivata in Sicilia nell’ottobre del 2015. Poco dopo esser sbarcati sull’isola, ci hanno subito messo su un autobus e siamo stati mandati direttamente a Padova: qui in un primo momento sono stata ospite in un centro che faceva prima accoglienza, sempre una cooperativa. Non sono rimasta lì a lungo e in breve sono stata accolta in Gruppo R e sono entrata in uno dei loro appartamenti, assieme ad altre cinque ragazze nigeriane, che hanno avuto esperienze simili alle mie.
Sai, nella città di Padova mi trovo bene, mi sono trovata bene da subito; non mi fermano più per la strada, qui gli uomini non mi infastidiscono. In Nigeria, invece, mi fermavano sempre, era difficile camminare per strada da sola: mi fermavano e mi chiedevano dove andavo e un pò mi spaventavo. Qui queste cose non succedono. Qui non ho mai avuto problemi! Non ho molti amici italiani, ma non perché sono brutte persone o perchè sono razzisti, non penso questo: solamente io non parlo molto italiano e qui in Italia le persone che parlano inglese sono poche. Non penso non mi parlino perchè sono razzisti, per lo meno non di più che dalle altre parti del mondo: ci sono persone cattive e persone buone, ovunque! Il problema della lingua è un problema serio, parliamo due lingue tanto diverse. Io un po’ me la cavo! Quando vado al supermercato riesco a dire qualcosina in italiano, ma chiacchierare proprio no, è ancora difficile.
I problemi più grandi da quando sono qui? Vado a scuola da quando sono entrata in Gruppo R, vado sempre, e faccio tutti gli esercizi che posso sul libro di testo che mi hanno dato e pian piano sto imparando. Ma il vero problema per noi richiedenti asilo è quello del lavoro. Noi non abbiamo lavoro. Io voglio lavorare e posso lavorare ma non trovo niente. In Nigeria facevo la sarta: ho fatto questo lavoro per anni in un negozio del mio paese e mi piacerebbe continuare anche qui. Ho provato a cercare lavoro, ci ho provato tante volte, sono andata in tanti negozi a dire che volevo lavorare, che ho il tempo per lavorare e che sono brava, ma mi hanno detto sempre di no, mi hanno detto che non ho esperienza, che non posso lavorare perché non ho un foglio che dica che ho questa esperienza, non si fidano. Allora ho pensato che vorrei fare un corso per sarta: la cooperativa non può trovarmi un lavoro, non è giusto che lo faccia perché non è il loro compito, siamo tanti, ma forse potrebbero aiutarmi a cercare un corso per fare la sarta, per fare i vestiti. Sai, se riuscissi a fare questo corso, allora sono sicura che troverei lavoro, che andrei in questi negozi con l’attestato del corso per fargli vedere che ho esperienza, che so farlo. Le cose migliorerebbero, ne sono sicura. È importante per me lavorare, essere più indipendente ma soprattutto lo desidero perchè voglio usare bene il mio tempo qui. Andare a scuola, si, ma anche lavorare. In Nigeria ho due figli piccoli, che non hanno un papà e vivono con mia sorella. Voglio mandare loro i soldi per farli mangiare e per mandarli a scuola e poi, quando avrò i documenti per stare qui in Italia, farli venire qui. Vivere assieme come una famiglia, qui, a Padova, perché mi piace questo posto. Continuare a stare qui anche in futuro, lavorare e pagare le tasse. In Nigeria non esistono…si, una volta c’erano delle tasse da pagare, ma poi…boh, non sono più esistite. Ma penso siano importanti e diano la possibilità di aiutare tanta gente.
Se penso di andare all’estero? No, non mi piacerebbe, ci andrei solo se non trovassi lavoro, solo se non potessi rimanere. Qui mi sento libera e la città è bella. Solo che ora non trovo lavoro, non ho i soldi per i miei figli. Voglio fare questo corso per essere sarta, poi magari fare qualche lavoro di pulizia qua e là, insomma, per poter vivere bene. Questo è quello che desidero, che mi manca, solo questo, solamente questo. Il resto tutto bene: se non creo problemi, non ho problemi!”